Premessa
Quanto dura un brutto ricordo? Da cosa dipende questo tempo? Può avere una scadenza? Un ritrovamento di qualche anno fa mi ha fatto ripensare a un concetto al quale, nonostante varie esperienze di vita vissuta, non avevo mai dato la giusta importanza (forse).
Lettura
Nulla è per sempre, neanche noi; io per primo. Partendo da questo lapalissiano concetto, mi sono reso conto di essermi – oramai – autoconvinto di imparare soltanto dai brutti ricordi. Ho sempre ammirato chi riusciva a discernere il buono dal meno buono e riusciva a imparare la giusta lezione da entrambi.
Sono stato fin troppo bravo a dimenticare i bei momenti di fronte a una fine, come se volessi proteggermi da un po’ di sana nostalgia di attimi che non avrei potuto rivivere. Ho cercato ogni volta una strada nuova, totalmente diversa dalla precedente, rinnegando e rifiutando ogni traccia di ciò che era stato, in un domani o in un “fra un secondo”. La malsana idea di diversificare ogni sentimento, rendendolo unico, è stato deleterio perché ho capito (semmai ce ne fosse bisogno) che sono le persone a rendere unici i sentimenti, anche se portano lo stesso nome. Si ama in maniera esclusiva, si odia in maniera esclusiva, si vive in maniera esclusiva.
Sono concetti che ci sono stati senza posa e che ho sempre vissuto senza dargli peso. Ci voleva una scintilla per farmi aprire gli occhi, quella scintilla è stata il ritrovamento di un telefono di 10 anni fa. La mia smania di dover rimettere in funzione “reperti archeologici” mi ha fatto ritrovare un’infinità di messaggi che raccontavano di una storia sotterrata da cumuli di negatività ingiustificata. Ero abituato a considerare quel capitolo della mia vita come una prigione dalla quale evadere era l’unico modo per sopravvivere… almeno fino all’altro giorno.
C’è così tanto amore in quel telefono da bastare per una vita intera. Avevo dimenticato quanto fossimo speciali l’uno per l’altra; quanto lottavamo per il nostro bene e quanto fosse puro quel totalitario darsi vicendevolmente. E, da lì, tutti i brutti momenti che hanno portato alla fine sono spariti. Ho deciso di custodire gelosamente solo quella stupenda spensieratezza, consapevole del fatto che la fine fosse inevitabile, ma anche che il viaggio sia stato più che degno di essere ricordato.
La fine è solo una fine, il viaggio è quello che conta e apprezzarlo appieno vuol dire coltivare e nutrire la voglia di ripartire e di rifarlo altre mille volte: senza tempo, senza destinazione, senza pretendere di farlo durare per forza più del dovuto. Ci sono ore che valgono più di una vita e vite così belle da valere ogni singola ora. Bisogna solo indossare le giuste scarpe e partire.