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Importanze

Premessa

Ci sono giornate nate per essere raccontate e altre, come questa, che portano in dote soltanto tante domande, fatica, consapevolezze, attese di non si sa cosa, abitudini sbagliate, gusti nuovi. Nulla di nuovo da raccontare, ma nulla uguale ai giorni precedenti. Siamo volubili anche se non ce ne rendiamo conto. Siamo alberi mutevoli in base alle stagioni, ci rendiamo conto del tempo che passa soltanto a distanza di tempo. Solo a distanza di tempo.

Lettura

Questo articolo può essere riassunto semplicemente come i “pensieri svelati dalla cenere”. Non so se riuscirò a dargli un ordine o un senso, ma ci provo.

È un periodo in cui mi sto ponendo molte domande ed è un periodo in cui le risposte cambiano ogni giorno. È un periodo in cui non riesco più a delineare per bene le priorità e faccio fatica a definire i muri portanti della casa interiore che vorrei arredare. Non so neanche se la voglio quadrata o rettangolare, viene difficile in questo modo dare forma agli spazi; decidere dove mettere la cucina, il bagno, se fare un open space o separare il soggiorno; viene difficile collocare la “sala cinema” che ho sempre desiderato.

È un periodo in cui credo di sapere cosa fare nelle stesse modalità in cui mi comporto esattamente al contrario, giusto per farmi capire quanto sia coerente con e verso me stesso. Non capisco se sia mera attrazione per il difficile oppure se sia semplicemente un’opera di autosabotaggio. A me piace pensare che sia un modo come un altro per sentirsi vivi. Forse sbaglio. Sicuramente sbaglio.

Sono impegnato a cercare un equilibrio e lo cerco costantemente su un sottile filo sospeso in aria, in balia del vento. Strano modo di vivere, anche se poi, pensandoci, strano per chi? Strano per cosa? Per il fatto di non rappresentare appieno una normalità territoriale, confusa con la ben più precisa canonicità? Siamo tutti potenzialmente strani e normali in base a chi abbiamo difronte e al posto del mondo in cui ci troviamo. Se mangio gli spaghetti senza risucchio va bene in Italia, in Giappone sarebbe “anormale”.

Probabilmente sono vittima di troppi pensieri. Li immagino come tanti pezzettini di un puzzle appena aperto, ancora da comporre. Uno di quei puzzle con migliaia di minuzzoli, che ha bisogno di un tavolo a parte, di un lavoro certosino per dividere i vari pezzi con i colori uguali da quelli che andranno ai lati e agli angoli; un puzzle che ha bisogno di settimane, se non mesi, per essere completato; un puzzle di quelli che, se escono come devono, sono da incorniciare e usare da ornamento per qualche muro spoglio.

Ho iniziato tanti percorsi nell’ultimo anno e mezzo e, mi rendo conto, che se dovessi raccontare la mia vita odierna al me di quel periodo lui mi guarderebbe, si farebbe grasse risate e mi prenderebbe per pazzo. Sono così diverso da allora da essere ancora più uguale a me stesso. Attraverso questo tempo con l’apparente immobile sguardo di chi osserva una montagna e la vede sempre uguale e quello inesorabile di un’aquila che, su quella stessa montagna, vede sempre prede diverse da agguantare. E ogni giorno ne trova di diverse. Magari le stesse, ma mai la stessa.

Mi commuovo un po’ meno spesso anche se so che lo faccio perché mi allontano da immagini che potrebbero farmelo fare e mi preoccupo un po’ di meno di chi mi sta intorno: vorrebbe essere una strana forma di sano egoismo autoindotto. Mi innamoro sempre di ciò che non posso avere e, anche se faccio di tutto per fare il giro largo, taglio sempre le curve proprio come facevo a Toca quando ero piccolo e contava più vincere che saperlo fare.

Ho fame. Adesso come adesso vorrei mangiare qualcosa di nocivo: in assoluto le cose più buone al mondo. E poi voglio avere sonno perché dormire mi permetterebbe di pensare nei sogni che non ricordo mai; grande grande vantaggio per chi stacca la spina soltanto per portare il caricabatterie da una camera all’altra. Non riesco a spiegarmi tante cose. Tutte cose che non conosco fino in fondo e che neanche voglio sapere. Tutte cose per cui mi danno l’anima inutilmente.

È un periodo in cui ascolto solo cantautori italiani: la maggior parte di questi ho smesso di ascoltarli quando andavo al liceo, ed è per questo che in questo articolo ho messo una canzone che non c’entra nulla con gli artisti di questi giorni. Due minuti di detox ci possono anche stare ogni tanto.

Penso al domani e ogni domani ha un volto difforme: famiglia, non famiglia, amore, non amore, lavoro, soldi, macchina, casa in affitto o mutuo per comprarla. Chi lo sa. Sono poche le certezze se parliamo di volontà, ma metterle in atto è sempre una storia distinta. Come dicevano gli Elio e le Storie Tese: “Tra il dire e il mare c’è di mezzo e il”.

Con un minimo di allergia per tutte queste masturbazioni cerebrali e questi progetti inespressi vi lascio la mia buonanotte. Dormite bene, amate più che potete e cercare di chiedervi sempre il perché delle cose, ma senza esagerare.

Colonna sonora

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